TESTIMONIANZE DI UNA VITA DEDICATA ALL'ARTE


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Il mio incontro con Francesco Guerra risale alla lontana primavera del 1972; l'estate dello stesso anno ebbe inizio la nostra convivenza. Mi colpirono molto la sua riservatezza ed il suo volto già segnato da rughe profonde. Aveva quarantaquattro anni e alle spalle una sofferta esperienza matrimoniale. Nei rapporti sociali aveva modi estremamente gentili e corretti, assai diversi da quelli delle persone che abitualmente frequentavo. Mi invitò a casa sua per mostrarmi i suoi dipinti ed io, che non ero mai entrata nello studio di un pittore, fui molto sorpresa e affascinata alla vista di tutte quelle tele appese alle pareti ed appoggiate ai muri, e di quei fogli acquerellati posati sul pavimento che, con segni decisi e sicuri, rappresentavano cavalli, figure, nature morte o fiori.
Da allora è iniziato il nostro rapporto che dura tuttora: un rapporto di complicità, di condivisione di interessi, di passione politica e di confidenza, per cui ho sentito l'esigenza di testimoniare il più fedelmente possibile quelle che sono state le vicende umane ed artistiche più significative della sua vita.


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Francesco nasce a Quero il primo dicembre del 1927 da Clementina Spadarotto e da Giovanni, "maestro" falegname molto stimato in paese. La casa in cui trascorre tutta la sua vita, in via Roma n. 38 (costruita dal padre negli anni '20 dopo il primo conflitto mondiale), conserva ancora parte della vecchia falegnameria con i macchinari e le attrezzature dell'epoca.
La sua infanzia è segnata molto precocemente dalla morte della madre quando ha solo cinque anni e da quella della sorella Norina, maggiore di due anni, quando ne ha dodici.
Venute a mancare le uniche presenze femminili della famiglia, Francesco trascorre gli anni difficili della fanciullezza e dell'adolescenza col padre, sempre assai occupato nel suo lavoro, ma al tempo stesso molto presente.
Dopo la licenza elementare e la frequenza di un anno ad un corso di disegno a Valdobbiadene, dovendo interrompere gli studi per le vicende belliche (siamo nel 1939), impara a lavorare il legno nella falegnameria paterna. Costruisce in questo periodo fantastici giocattoli tutti di legno che dipinge lui stesso e che i compagni di gioco gli invidiano. Questi piccoli oggetti denotano già una forte capacità creativa ed una spiccata manualità; peccato siano tutti andati distrutti.


3
Solo nel 1947, quando ormai la guerra è finita da due anni, si iscrive alla scuola di disegno applicato alle arti e ai mestieri "L. Serena" di Montebelluna, aperta e diretta dall'architetto Piero Celotto. Fra gli insegnanti della scuola incontra il professor Nino Rizzardini, pittore sensibile e interprete fedele del mondo della montagna. Rizzardini, che proviene da Coi, un piccolo paese della Val Zoldana, diventerà suo amico e sarà uno dei suoi primi maestri.


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